giovedì 19 febbraio 2015

VENTI DI GUERRA”

Di guerra si parla ogni giorno. Compare con insistenza, nei telegiornali, sotto forma di bollettini quotidiani, carichi di notizie sconfortanti. Quelle immagini di case perforate da proiettili, sventrate dalle bombe e dai mortai, quelle file di uomini e donne costretti ad abbandonare il proprio focolare, contrastano con le nostra ricerca di tranquillità e sicurezza.
Ci interpellano circa la nostra “civiltà”. Venti di guerra che soffocano la voce della ragione ricacciandola dentro quel pozzo pieno di odio, rancore, vendetta e perseguimento del potere allo stato puro. In un impeto di pazzia collettiva. Che si tratti del conflitto in Ucraina, o delle tribù armate fino ai denti che si contendono i pozzi di petrolio ed il commercio dei migranti disperati in Libia, o del dittatore di Damasco che, dopo aver bombardato i suoi concittadini, ora si atteggia a difensore della civiltà contro il terrorismo dello Stato Islamico.

Ma ciò che colpisce ancora di più è come noi, genere umano, in una sorta di imbarbarimento regressivo trattiamo la natura, “MADRE TERRA”. Mai, come oggi, così martoriata da violenze e aggressioni. Calpestata e frantumata, inquinata ed irrisa. Proprio come noi esseri umani, uomini di tutte le razze e di tutte le religioni, facciamo quando entriamo in “guerra”.
C'è un parallelismo che corre tra distruzione del genere umano nei conflitti bellici di oggi e quello che riguarda il processo graduale di sfruttamento ed impoverimento della terra.
La parola “Terra” si ritrova in quasi tutti i testi religiosi e di fede, per questo motivo è una “madre” dotata di sacralità. Basta aprire la Bibbia e leggere il primo capitolo della Genesi, dove compare ben 16 volte.
Questa Terra occupa circa il 30 % della superficie del nostro pianeta -il resto si sa, è acqua- e tolte le catene montuose e i deserti, il 13% è coltivabile. Attualmente solo il 5% è coperto da culture permanenti, mentre il 40% è dedicato alla pastorizia.


Ci si chiede: cosa succede al restante 55%? Se lo stanno accaparrando le multinazionali dell'agroalimentare e gruppi finanziari di vari Stati che vogliono garantirsi un approvvigionamento di cibo e, dopo la crisi alimentare del 2007-2008 quando il prezzo del riso e del grano è schizzato alle stelle, specularci sopra.

Ecco allora cosa succede nel nostro pianeta. Da una parte guardiamo inermi allo sperpero di risorse e di vite umane nelle guerre nazionali della civile Europa come in Ucraina ed in quelle ideologiche e tribali della fascia mediterranea, culla della civiltà. Dall'altra assistiamo al Land grabbing, degli investitori stranieri che hanno acquistato ben 45 milioni di ettari di terra nel Sud del mondo ed hanno precipitato nella miseria più nera le popolazioni che le abitano da millenni come se si trattasse di un processo naturale.

Ma davvero siamo così impotenti di fronte a questo spreco e a questa devastazione?


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