“VENTI
DI GUERRA”
Di
guerra
si parla ogni giorno. Compare con insistenza, nei telegiornali, sotto
forma di bollettini quotidiani, carichi di notizie sconfortanti.
Quelle immagini di case perforate da proiettili, sventrate dalle
bombe e dai mortai, quelle file di uomini e donne costretti ad
abbandonare il proprio focolare, contrastano con le nostra ricerca di
tranquillità e sicurezza.
Ci
interpellano circa la nostra “civiltà”. Venti di guerra che
soffocano la voce della ragione ricacciandola dentro quel pozzo pieno
di odio, rancore, vendetta e perseguimento del potere allo stato
puro. In un impeto di pazzia collettiva. Che si tratti del conflitto
in Ucraina, o delle tribù armate fino ai denti che si contendono i
pozzi di petrolio ed il commercio dei migranti disperati in Libia, o
del dittatore di Damasco che, dopo aver bombardato i suoi
concittadini, ora si atteggia a difensore della civiltà contro il
terrorismo dello Stato Islamico.
Ma
ciò che colpisce ancora di più è come noi, genere umano, in una
sorta di imbarbarimento regressivo trattiamo la natura, “MADRE
TERRA”. Mai, come oggi, così martoriata da violenze e
aggressioni. Calpestata e frantumata, inquinata ed irrisa. Proprio
come noi esseri umani, uomini di tutte le razze e di tutte le
religioni, facciamo quando entriamo in “guerra”.
C'è
un parallelismo che corre tra distruzione del genere umano nei
conflitti bellici di oggi e quello che riguarda il processo graduale
di sfruttamento ed impoverimento della terra.
La
parola “Terra” si ritrova in quasi tutti i testi religiosi e di
fede, per questo motivo è una “madre” dotata di sacralità.
Basta aprire la Bibbia e leggere il primo capitolo della Genesi, dove
compare ben 16 volte.
Questa
Terra occupa circa il 30 % della superficie del nostro pianeta -il
resto si sa, è acqua- e tolte le catene montuose e i deserti, il 13%
è coltivabile. Attualmente solo il 5% è coperto da culture
permanenti, mentre il 40% è dedicato alla pastorizia.
Ci
si chiede: cosa succede al restante 55%? Se lo stanno accaparrando le
multinazionali dell'agroalimentare e gruppi finanziari di vari Stati
che vogliono garantirsi un approvvigionamento di cibo e, dopo la
crisi alimentare del 2007-2008 quando il prezzo del riso e del grano
è schizzato alle stelle, specularci sopra.
Ecco
allora cosa succede nel nostro pianeta. Da una parte guardiamo inermi
allo sperpero di risorse e di vite umane nelle guerre nazionali della
civile Europa come in Ucraina ed in quelle ideologiche e tribali
della fascia mediterranea, culla della civiltà. Dall'altra
assistiamo al Land grabbing, degli investitori stranieri che hanno
acquistato ben 45 milioni di ettari di terra nel Sud del mondo ed
hanno precipitato nella miseria più nera le popolazioni che le
abitano da millenni come se si trattasse di un processo naturale.
Ma
davvero siamo così impotenti di fronte a questo spreco e a questa
devastazione?
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